L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha fissato i nuovi criteri che permettono di classificare l’obesità in base al
BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea), ottenibile da una semplice formula: come limite superiore di normalità è stato fissato un valore di BMI di 24.9, mentre sono state definite Obesità di I, II e III grado quei valori di BMI compresi rispettivamente tra 25 e 29.9, fra 30 e 39.9 e maggiori di 40. Va però sottolineato, che anche il BMI, pur essendo molto utile nella pratica ambulatoriale per la sua semplicità, ci sembra fornire una valutazione alquanto approssimativa del reale contenuto in adipe del soggetto in esame, in quanto è in grado di valutare esclusivamente la massa totale, mentre il peso corporeo è condizionato non solo dalla massa adiposa, ma anche da quella magra.
Prendiamo per esempio un atleta ed un impiegato di pari peso ed altezza: essi hanno quindi lo stesso BMI, ma hanno sicuramente una diversa composizione corporea, potendo essere il primo molto magro, per prevalenza della massa magra, e molto grasso il secondo per prevalenza della massa grassa.
Pertanto per determinare una corretta diagnosi clinica di obesità, occorre innanzitutto conoscere la composizione corporea, in modo da poter discriminare l’eccesso di adiposità, cioè l’obesità vera, dall’eccesso ponderale legato anche ad altri fattori non "grassi", quali l’ipertrofia muscolare dell’atleta, la ritenzione idrica, e la costituzione scheletrica. Questa valutazione selettiva è utile non solo in fase diagnostica iniziale, ma anche nello studio successivo degli effetti della terapia dimagrante sui vari distretti corporei.
Inoltre esistono delle chiare differenze tra uomini e donne, e quindi i valori si modificano leggermente. Le donne tendono ad avere più grasso corporeo rispetto agli uomini a pari valori di BMI, e così la popolazione anziana rispetto a quella giovane.
E’ chiaro pertanto, che nella diagnosi di obesità, e soprattutto in tutte le successive terapie e trattamenti dietologici, è necessario evitare autodiagnosi ed è sempre richiesta la consulenza di un medico specialista che può determinare non solo l’esistenza di una condizione di obesità, ma anche gli eventuali rischi probabili legati alle condizioni di salute del paziente.
Ciò premesso, va sottolineato che il messaggio da trasmettere è di puntare ad un obiettivo realisticamente perseguibile: si deve mirare non al raggiungimento del cosiddetto peso ideale, numero astratto espressione di calcoli che hanno solo valore statistico ma di quello cosiddetto "ragionevole", intendendo, con tale termine, il peso mantenuto senza sforzo dopo i 21 anni e che permette buone condizioni di salute fisica, psichica e sociale.
E’ stato ormai ampiamente dimostrato che è sufficiente una riduzione del 10-15% del peso iniziale per indurre significativi miglioramenti di ipertensione, diabete e patologie cardiovascolari. |
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